INFILTRAZIONI DELL'ANCA
Cos’è ed a che serve?
E’ una tecnica innovativa che permette di effettuare nell’anca le medesime terapie che si applicano nelle malattie reumatiche del ginocchio.
Grazie all’uso della guida ecografica, infatti, la via d’accesso diviene sicura con la possibilità di visualizzare l’avanzamento dell’ago in tempo reale, su monitor ecografico, finché non venga raggiunta la capsula articolare ove iniettare il farmaco (cortisone o prodotti di acido jaluronico).
Cosa si inietta nell’articolazione dell’anca?
Oltre ai cortisonici, dotati di sola azione antiinfiammatoria e pertanto destinati ad ottenere nella migliore delle ipotesi un successo momentaneo, il farmaco più comunemente utilizzato è l’acido jaluronico (HA), una molecola naturalmente sintetizzata dalle cellule sinoviali che, oltre ad essere responsabile delle proprietà viscoelastiche del liquido articolare, contribuisce ai meccanismi di lubrificazione nelle condizioni di carico e protegge parzialmente il tessuto dalla penetrazione di cellule infiammatorie o dagli enzimi litici; molte osservazioni hanno documentato che il liquido sinoviale nei pazienti artrosici è poco viscoso a causa della diminuzione di HA, pertanto la sua infiltrazione serve a migliorare le proprietà fisiologiche del fluido articolare.
In pratica, l’acido ialuronico agisce come un lubrificante come avviene per i motori delle autovetture.
Chi sono i candidati ideali per questa procedura?
Fondamentalmente questa terapia è indicata per i pazienti con artrosi dell’anca nelle sue fasi iniziale e intermedia. Più la malattia è avanzata e lo spazio articolare ristretto e meno si ha giovamento dalla terapia intra-articolare; in questi casi l’intervento di protesi è inderogabile.
La letteratura mondiale è concorde nel riconoscere i benefici di questo farmaco nei pazienti con artrosi lieve e moderata e la pressoché totale assenza di effetti avversi.
Nella mia esperienza personale ho osservato che per i pazienti con artrosi medio – grave, i benefici a breve-medio termine (3-9 mesi) sono risultati superiori alle aspettative, per cui questa procedura può essere indicata come palliativa in pazienti che non possono sottoporsi ad intervento di artroprotesi per vari motivi e che soffrono di forti algie articolari.
A che serve l’ecografia e chi sono gli operatori che eseguono tale procedura?
Rispetto al ginocchio, l’anca è un’articolazione difficile da infiltrare senza il supporto dell’ecografia, per le sue caratteristiche anatomiche e per la prossimità di vasi e nervi.
Grazie alla guida ecografica il problema si risolve: la sonda permette di individuare lo spazio articolare e di seguire esattamente l’accesso dell’ago al suo interno ed il deflusso del liquido iniettato, assicurando così la correttezza del trattamento.
L’infiltrazione intra-articolare d’anca è, pertanto, un atto di assoluta competenza medica, praticato da un ecografista radiologo con particolare competenza in problematiche muscolo-scheletriche, rispettando ovviamente tutte le norme igieniche.
Ed i tempi medi della procedura? Come viene effettuata?
Dal momento in cui il paziente si accomoda sul lettino ecografico solitamente si impiegano al massimo cinque minuti ad isolare il “campo operatorio” mediante lenzuolino forato adatto allo scopo, usare una soluzione iodata per sterilizzare la cute, posizionare correttamente la sonda ecografica, introdurre un ago spinale da 20 Gauge attraverso la guida sterilizzata ed accoppiata alla sonda ecografica, iniettare la soluzione farmacologica, estrarre l’ago, e pulire il paziente che potrà riprendere da subito le normali attività.
Il paziente viene esaminato in posizione supina, con l’anca in intra-rotazione di 15-20° e l’articolazione coxo-femorale viene analizzata per via ecografica attraverso un accesso parasagittale anteriore, lateralmente ai vasi femorali. La sonda è allineata all’asse lungo del collo femorale, includendo l’acetabolo e la testa femorale.
La preparazione di acido ialuronico iniettata ed il suo posizionamento intraarticolare è verificato mediante la visualizzazione diretta del fluido che appare iperecogeno e che si distribuisce lungo il profilo corticale della testa e del collo femorale.
Basta una sola iniezione o bisogna ripetere ad un certo intervallo di tempo la procedura?
Al fine di mantenere un buon livello di miglioramento dei sintomi nel tempo, normalmente si eseguono una o due iniezioni intra-articolari ogni sei mesi; abbiamo osservato anche casi di miglioramento protratto fino a due anni. Purtroppo esiste anche un 10% di pazienti che risponde poco e male alla terapia e stiamo studiando il motivo di queste, fortunatamente, rare evenienze.
La procedura è dolorosa?
Molto poco, tanto che, nella mia esperienza, la maggiore parte dei pazienti riferisce, con sorpresa, di non avere avvertito nulla durante la procedura e si meraviglia che sia già tutto finito.
La procedura, infatti, non richiede neanche l’uso dell’anestetico locale. Non abbiamo mai avuto effetti collaterali significativi. La guida ecografica comprende anche il doppler, che visualizza i vasi sanguigni i quali possono così essere evitati durante l’iniezione.
Inoltre, nella mia esperienza, usando adeguate misure di asepsi, non abbiamo mai riscontrato complicanze infettive, né è mai avvenuto un caso di ematoma post-procedurale, sebbene sia stato riportato qualche caso sporadico in letteratura, senza comunque alcuna conseguenza a lungo termine.
Inoltre, sempre in letteratura, il 10% dei pazienti trattati ha descritto un senso di pesantezza a carico dell’anca iniettata, di solito della durata di pochi giorni; tale sensazione è del tutto normale perché dipende dal tempo che l’acido (che è denso e viscoso) impiega a distribuirsi nell’articolazione dopo l’iniezione. In ogni caso, questa “complicanza” non è stata osservata in nessun caso nella mia esperienza personale.
In pratica quindi non esistono reali controindicazioni al trattamento tranne la presenza di infezioni (Herpes, dermatiti, pustole) nel sito di iniezione oppure l’assunzione di anticoagulanti orali da parte del paziente (per anticoagulanti non intendiamo la aspirina a basse dosi, che non crea alcun problema ma farmaci dicumarolici, usati in pazienti con protesi cardiache, fibrillazioni, trombosi, embolie, etc).
In conclusione?
In definitiva, l’introduzione per via eco-guidata di farmaci in sede intra-articolare d’anca è una tecnica sicura, facile se l’operatore ecografista è esperto di patologia muscolo-scheletrica, ed economica anche in caso si decida poi di effettuare comunque l’intervento di protesi, tale terapia non ne pregiudica in alcun modo la fattibilità diagnostico e terapeutico.